Sodoma e Gomorra e la giustizia di Dio
Tra le pagine più terribili che la Scrittura ci presenta come esempio della giustizia punitrice di Dio, merita uno dei primi posti la distruzione di Sodoma e Gomorra con la tremenda pioggia di fuoco. Ma è il caso di parlare di giustizia punitrice?
In realtà, se sapremo leggerle con cuore limpido, queste pagine racchiudono il vero volto della Misericordia, tutta la tenerezza vigile e premurosa del Padre del cielo che “scende” tra i figli depravati nel tentativo di salvarli.
Leggiamole insieme, inquadrando la realtà del male in quelle città, il “grido” che da esse si eleva, l’azione di Dio, la risposta degli uomini.
La realtà del male in Sodoma
I due angeli arrivarono a Sodoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sodoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra: “Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte… “. Insistette tanto che vennero nella sua casa: (…) Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sodoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: “Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!”». (Gen 19, 1-5)
Il male in Sodoma c’è ed è grande. Quello che la Scrittura ci presenta è un eccezionale caso di depravazione collettiva che coinvolge tutta una città, “giovani e vecchi”. Siamo al parossismo di una situazione immorale che diventa pericolosa anche per gli altri.
Il male in Sodoma c’è: è un tumore che ormai, se non verrà asportato o guarito, si estenderà inesorabilmente; già ha contaminato Gomorra e le altre cittadine vicine. Il Padre che ha cura di tutti gli uomini deve intervenire quando sono stati superati i livelli di guardia, proprio per l’Amore che Lui ha per i figli. Il tumore che ha penetrato a fondo Sodoma può essere asportato chirurgicamente, in modo radicale; ma il Padre, che è dolcezza infinita, cerca sempre di evitare le cure traumatiche: se dovrà ricorrere ai sistemi drastici sarà perché i figli non Gli hanno dato la possibilità di adottare altra soluzione, come vedremo.
Il “grido” contro Sodoma
“Il grido contro Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave” (Gen 18, 20)
Di che grido si tratta? E chi lo eleva?
Non è certo un grido che implori perdono o che chieda l’intervento di Dio nelle necessità, come altre volte è avvenuto nella Scrittura. Non è un grido che parte dal cuore contrito di chi ha riconosciuto il suo peccato: gli uomini di Sodoma sono in profonda nebbia di spirito e sono ben lontani dal riconoscere il proprio peccato. Basta notare come rispondono al povero Lot che esce loro incontro nel tentativo di farli desistere dal proposito di male offrendo le due figlie alle loro brame balorde pur di salvare gli ospiti, che erano considerati sacri e inviolabili più di qualunque altro valore:
“No, fratelli miei, non fate del male!” disse loro Lot. Tirati via! – risposero i concittadini – Ora faremo a te peggio che a loro!” (Gen 19, 7 ss.)
Il grido che costringe Dio ad intervenire è purtroppo un grido contro Sodoma, è un grido di condanna lanciato dall’accusatore che attende il nulla osta di Dio per colpire quei figli che precedentemente ha sedotto e indotto al male.
“Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè ritto davanti all’angelo del Signore, e Satana alla sua destra per accusarlo”. (Zac 3,1)
“… è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio”. (Ap 12, 10)
Satana sa di aver diritto a distruggere le prede che incautamente ma liberamente – si sono lasciate irretire da lui.
Il Padre non può non tener conto di questa accusa che sa vera e decide di scendere in mezzo ai suoi figli per tentare un estremo salvataggio.
L’azione di Dio
Voglio scendere e vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me: lo voglio sapere». (Gen 18, 21)
Fa tenerezza questo Padre che finge di non sapere ciò che sta accadendo nella sua famiglia della terra, e che “scende” – come già fece nel paradiso terrestre dopo il peccato di Adamo ed Eva (Gen 3,8) – non per sapere se i figli hanno veramente commesso il male (lo sa benissimo!) ma per cercare di salvarli dalle conseguenze pesanti dei loro peccati. Egli deve intervenire perché “il grido è troppo grande” e non può continuare a pazientare come fa sempre dinanzi ai nostri sbagli.
E Suo intervento vuole essere di misericordia, perché Egli è Padre di misericordia, ma per poter realizzare il Suo progetto di salvezza nei confronti di questi figli affogati nel male il Padre ha bisogno di qualcuno che sulla terra. Gli dia l’aggancio giuridico, facendosi intermediario e intercedendo per tutti.
Non può cercare tale alleato tra i sodomiti, ormai sordi e ciechi ad ogni richiamo di spirito, e allora va a trovare Abramo l’unico giusto sulla terra con il quale possa iniziare un dialogo e gli prospetta la situazione, comunicandogli insieme tutta la Sua compassione per quei figli depravati. Abramo percepisce i battiti del cuore del Padre e si sente spinto ad intervenire. Mentre i due angeli in veste umana vanno verso Sodoma per eseguire la sentenza, inizia il dialogo tra Dio ed Abramo, un capolavoro dello Spirito che vuole farci capire quale sia il vero volto di Dio: Padre che non si compiace della morte del peccatore, ma che vuole che si converta e viva; Padre che ci ama oltre il nostro non amore; Padre che ci ama anche se non abbiamo più il Suo Spirito e se abbiamo deformato in noi la Sua impronta divina; Padre che non vuole lasciare affogare l’uomo nel pantano del suo peccato, ma che vuole scioglierlo nell’oceano del suo Amore che è più potente del male e del peccato, che è Misericordia: un Amore cioè che si dona ai figli anche quando questi sono divenuti miseria morale e fisica.
Leggiamo insieme questo dialogo che dovrebbe essere la base di ogni nostra preghiera:
«Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sodoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da te il far morire il giusto con l’empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?”. Rispose il Signore: “Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città”.
Abramo ha tastato il terreno, ha visto che il suo Signore è disponibile ad una trattativa, e riprende il dialogo con una carica nuova: «Abramo riprese e disse: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore io che sono polvere e cenere… Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?» Rispose: “Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque”.
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: “Forse là se ne troveranno quaranta”. Rispose: “Non lo farò, per riguardo a quei quaranta”. (Gen 18, 27-29)
Abramo esulta: il suo Signore è più conciliante di quanto sperasse; ma egli non ha capito che è proprio il suo Signore che gli suggerisce di non interrompere le trattative, perché è proprio Lui che gli ha suscitato il desiderio di salvare Sodoma.
Abramo inizia l’ultimo assalto: «Riprese: “Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta”: Rispose: “Non lo farò se ve ne troverò trenta”. Riprese: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore: forse là se ne troveranno venti”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei venti”. Riprese: “Non si adiri il mio Signore se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci”». (Gen 18, 30-32)
Mercanteggiando la misericordia, Abramo non osa discendere al di sotto di dieci giusti.
Egli non ha conosciuto fino in fondo il Cuore del suo Signore ed ha posto un limite alla Sua azione salvifica. Non conosceva quello che il Signore dirà a Geremia: “Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se trovate un uomo, uno solo che agisca giustamente e cerchi di mantenersi fedele, ed io le perdonerò, dice il Signore”. (Ger 5, 1)
Ma non possiamo rimproverare ad Abramo questa mancanza di fiducia nell’Amore di Dio, quando Pietro che vedeva continuamente in azione la Misericordia incarnata riteneva quasi un assurdo il perdonare più di sette volte (Mt 18, 22); e Giacomo e Giovanni invocavano fuoco dal cielo (Lc 9,54) per distruggere i samaritani che non avevano accolto Gesù.
E’ difficile, per noi uomini, immedesimarci in Dio che è Amore puro: è più facile farci un Dio a nostra immagine e somiglianza ed arrogarci il potere di vendetta e di distruzione che lui non conosce e non vuole conoscere.
Sta di fatto che Abramo tronca il dialogo con il suo Signore che non più sollecitato dalla creatura non può far scattare in extremis la Misericordia: “Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione”. (Gen 18, 33)
I dieci giusti non c’erano, Abramo smise di intercedere presso il suo Signore e Questi se ne andò.
Si allontana la Misericordia che l’uomo non ha saputo invocare, avanza la Giustizia che l’uomo ha meritato con il suo peccato: “Il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco” (Gen 19,24)
Riassumendo e concludendo
L’intervento straordinario di Dio (“voglio scendere e vedere…”) scatta quando il male è ormai giunto al culmine ed è umanamente irreversibile. Tale volontà di “scendere e vedere” non è motivata dalla Giustizia che vuole emettere una sentenza di condanna, ma dall’Amore che cerca di salvare i figli con il perdono, con un atto di Misericordia totale che superi il male da essi commesso. Per far entrare in azione la Misericordia, il Padre ha però bisogno di qualcuno che, sulla terra, interceda per i fratelli abbrutiti giustificando così il Suo intervento d’Amore. Dio dunque viene sulla terra per ingaggiare con Abramo un “combattimento faccia a faccia” (Gen 32); un combattimento che Egli vuole perdere per far trionfare la Misericordia, ma che purtroppo perde Abramo perché ha posto un limite all’Amore del Padre. Se Abramo avesse tirato ancora di più sul “prezzo” – che lui aveva stabilito! – e avesse detto: “Per me, per amore di me che ti amo, salva Sodoma e Gomorra!”, Dio avrebbe avuto il supporto giuridico che era venuto a cercare sulla terra per bloccare l’intervento di giustizia richiesto dall”accusatore’, dal pubblico ministero di questo perenne giudizio a cui siamo sottoposti dinanzi al trono di Dio.
“Per amore di Abramo che lo amava” Egli avrebbe fatto entrare in azione la sua Misericordia: non ci sarebbe stata la sentenza di morte con “zolfo e fuoco”, ma una sentenza di Vita con una pioggia di Spirito Santo – il Fuoco di Dio! – che avrebbe penetrato gli spiriti dei sodomiti facendo prendere loro coscienza del male commesso ed operando in essi una radicale conversione. Il tumore c’era, e bisognava eliminarlo, ma sarebbe stato curato alla radice e non estirpato violentemente.
Padre Andrea D’Ascanio
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