
Il Padre rivelato dal Figlio
Cosa vuol dire il Padre rivelato dal figlio?
In molte religioni Dio viene invocato come «Padre». Spesso la divinità è considerata come «padre degli dèi e degli uomini». Presso Israele, Dio è chiamato Padre in quanto Creatore del mondo. Ancor più Dio è Padre in forza dell’Alleanza e del dono della Legge fatto a Israele, suo «figlio primogenito» (Es 4,22). E anche chiamato Padre del re d’Israele. In modo particolarissimo egli è «il Padre dei poveri», dell’orfano, della vedova, che sono sotto la sua protezione amorosa.
Chiamando Dio con il nome di «Padre», il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l’immagine della maternità, che indica ancor meglio l’immanenza di Dio, l’intimità tra Dio e la sua creatura.
Il linguaggio della fede si rifà così all’esperienza umana dei genitori che, in certo qual modo, sono per l’uomo i primi rappresentanti di Dio. Tale esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità.
Conviene perciò ricordare che Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è né uomo né donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la maternità umane, pur essendone l’origine e il modello: nessuno è padre quanto Dio.
Gesù ha rivelato che Dio è «il nostro Papà» in un senso inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio suo unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in relazione al Padre suo: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
Per questo gli Apostoli confessano Gesù come «il Verbo» che «in principio (…) era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1), come colui che «è immagine del Dio invisibile» (Col 1,15) e «irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1,3).
Sulla loro scia, seguendo la Tradizione apostolica, la Chiesa nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il Figlio è «consostanziale al Padre», cioè un SOLO Dio con lui. Il secondo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione nella sua formulazione del Credo di Nicea ed ha confessato «il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre.
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