Da quando mi sono convertito tutto è diventato buio
“Mi sono convertitto ma…” Questo titolo potrebbe risultare forte; troppo forte! Ma è ciò che spesso sento dire da cristiani che dichiarano di essere convertiti. Molti infatti dicono: Ma come è possibile? Mi sono convertitto a Gesù, prego il Rosario tutti i giorni, andare vado a messa ogni domenica, mi confesso ogni mese. Cerco di condurre una vita sana e casta, ma la mia esperienza di convertitto sembra diversa.
Da quando ho iniziato questo percorso però nulla è cambiato nella mia vita, anzi sono più solo e più afflitto e scoraggiato. Quindi da quando mi sono convertitto tutto è diventato buio….
Ecco il perché
Questa dichiarazione scritta sopra di un cristiano convertito, dovrebbe darci perplessità, scoraggiarci, spingerci addirittura a dire: ok allora rimango così come sono, almeno godo dei piaceri del mondo! Non è così. Anzi, se quel cristiano avesse detto: da quando seguo Dio tutto mi va bene, ci saremmo dovuti chiedere: Ma veramente si è convertitto a Cristo o a satana?
Gesù dice: chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. (Mt 10,38-39). Cioè chi segue Gesù deve prendere la croce, non buttarla, deve rinunciare alla sua vita, cioè a tutti i piaceri del mondo, a tutte le cose che il mondo vuole propinarci, perché in quel momento noi diventiamo di Cristo e come San Paolo poter dire: E’ Cristo che vive in me. Non è che chi segue Gesù e rispetta la Legge di Dio, mettendo in pratica la Sua Parola, diventa esente dal dolore e libero dalla sofferenza. Non dimentichiamo che il sole sorge sul buono e sul cattivo, la pioggia cade sui giusti e sui malfattori. La differenza sta in due cose però, per chi è convertitto:
Chi segue Dio, chi lo onora, lo ama e lo rispetta, affronta il dolore con forza, con tenacia, con amore, e lo supera ottenendo meriti per il cielo. Proprio come Giobbe, che dopo grandi prove, Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici. Infatti il Signore raddoppiò quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo; banchettarono con lui in casa sua, condivisero il suo dolore e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui, e ognuno gli regalò una somma di denaro e un anello d’oro.
Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni”.
Non esiste una vita di un santo che non abbia tanto sofferto, un motivo c’è: la sofferenza ci rende meritori dinanzi a Dio e ci fa acquistare la felicità eterna, per chi sia diventato convertitto, tutti siamo chiamati ad essere santi, siamo fatti per il cielo non per questa terra.
Anche noi come San Paolo dobbiamo dire: “Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto” (2 Tm 4,16).
Ma subito dopo ha soggiunto: “Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza” (2 Tm 4,17).
Seguiamo il Signore per amore e per vivere un giorno una vita eterna di amore e felicità che nemmeno immaginiamo. Anche convertitto, seguire Dio non vuol dire assumere una bacchetta magica e tutto ci andrà bene, questa non è fede ma superstizione. Dio vá amato, onorato, lodato e glorificato con la nostra vita, e Lui ci ricompenserà un giorno più di quanto noi meritiamo di avere.
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